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I Riccardi, originari di Rocca d’ Arce, scendevano spesso a Coldragone per amministrare le loro proprietà, che si estendevano fin sotto Roccasecca e Ceprano. E perché «la proprietà» non andasse divisa, dei tre fratelli sposò solo il più anziano, il pretore di Rocca d’Arce, mio bisnonno, con una Rufo di Arpino (con i Rufo i Riccardi ebbero poi una lunga causa per questioni di dote). Zia Rosina, sorella di mio nonno Riccardo e di Remigio, il maestro, mi raccontava di quando suo zio Mimmo, il medico, uno dei due fratelli rimasti scapoli, fu rapito dai briganti, i quali chiesero alla famiglia un riscatto di cinquanta ducati d’oro, puntualmente pagati. L’avvocato, però, fece contrassegnare i ducati con delle tacche invisibili, che permisero di individuare tutti i briganti. Il medico, tenuto nascosto dentro un forno di campagna per ben trenta giorni, alimentato di tanto in tanto solo con pane ed acqua, mori subito dopo il processo ai briganti. Nel giro di pochi anni morirono pure l’avvocato Luigi e il pretore Riccardo. Quest’ultimo, a soli 45 anni, lasciò la moglie Felicetta Rufo con nove figli tutti in tenera età: Luigi, Mimmo, Remigio, Riccardo, Alfonso, Rosina, Pasqualina, Marietta ed Eva (furono rinnovati i nomi dei tre fratelli Riccardi). La vedova, con i figlioli, si trasferì definitivamente da Rocca d’Arce a Coldragone. Felicetta Rufo Riccardi era una donna forte e coraggiosa, ma non una severa amministratrice della proprietà, che il suo amministratore svendeva per realizzare il denaro necessario per vivere decorosamente e per mantenere agli studi i figli, la maggior parte dei quali all’Università di Napoli.
Nonna Felicetta, così la chiamavano i nipoti, morì a ottantacinque anni. Della «proprietà» non rimaneva che il palazzo di Coldragone e qualche ettaro di campagna.
Dall’unione di Riccardo Riccardi e Maria Ricci nacquero mio padre Mario e zio Pasqualino. Questa, in breve, la storia dei Riccardi di Coldragone che, fino a poco tempo fa, i vecchi del paese, quando m’incontravano, solevano accennarmi a ricordo della bontà e generosità di questa sfortunata famiglia.
Allora, ragazzo, solevo girare per le grandi camere del palazzo, abitato da zio Remigio, la moglie Silvia e zia Rosina, vedova dell’avv. Nardone. Cercavo qualche prodigio che avesse potuto rendere reali le immagini della famiglia che andavo costruendo con la mente, attorno a quelle antiche mura.
Oggi, della storia dei Riccardi di Coldragone, rimane una scheletrica impalcatura. Domani, quando l’effimero emergerà dalla polvere, ... più nulla.
di Mario Morganti
Coldragone, centro capoluogo del Comune di Colfelice, è borgo di formazione settecentesca voluto dai Boncompagni, Duchi di Sora. Oggi, grazie ad una perseverante pianificazione perseguita ed attuata negli ultimi quarant’anni, è amministrativamente e anche urbanisticamente integrato con il nucleo abitato di Villafelice. Il suo impianto urbano è caratterizzato da un asse nord-sud che segna la dorsale del colle e al quale si appoggiano il tessuto residenziale minuto e, alla sua estremità, due larghe piazze, poste a quote diverse, tra cui si frappone la Parrocchiale di S. Giuseppe e S. Gaetano.
Di fronte la chiesa, affacciato su largo IV Novembre, prospetta Palazzo Riccardi, un edificio che fu costruito sulle propaggini del colle e ad esso conforme, con la sua mole che emerge nella vista dalla valle caratterizzando, assieme alla chiesa, il profilo urbanistico del borgo.
Il Palazzo, tra le costruzioni più antiche di Coldragone, è sicuramente quella di maggior interesse del centro storico. Completato agli inizi dell’Ottocento, è stato residenza della famiglia Riccardi, possidenti e professionisti del limitrofo Comune di Roccadarce, di cui l’attuale territorio del Comune di Colfelice ha fatto parte fino al 1923. Tra i Riccardi di Colfelice viene ricordato, in particolare, il discendente di una famiglia di artigiani della terracotta, Eleuterio (1884-1963), che nella prima metà del ‘900, dopo un periodo di formazione romana, fu scultore e pittore di fama internazionale e operò a lungo a Monaco di Baviera, Berlino, Londra e Roma.
Il Palazzo Riccardi, rimasto disabitato dal dopoguerra per il trasferimento a Napoli e a Minturno dei proprietari e danneggiato in più parti, subì ulteriori danni a seguito del terremoto del 1984, per cui qualche anno dopo furono realizzati alcuni lavori di consolidamento e di rifacimento delle strutture dei solai e del tetto.
Nel 1998 le specificità urbanistiche ed architettoniche dell’edificio, la consapevolezza del valore culturale dell’edificio, la necessità di completarne i lavori ai fini di salvaguardia della sua memoria storica, determinarono l’acquisizione del Palazzo da parte del Comune nella prospettiva di un recupero ai fini di realizzare un centro sociale e culturale a servizio di tutta la cittadinanza.
Dopo i primi lavori, eseguiti dal Comune a proprie spese, necessari per la protezione e il convogliamento delle acque meteoriche (manto di tegole, gronde, discendenti), nel 2003 fu affidato a chi scrive lo studio di un progetto generale, per "il recupero e la rifunzionalizzazione di Palazzo Riccardi a Centro culturale e Mediateca". Il progetto è stato successivamente attuato in quattro stralci esecutivi e finanziato per i primi due stralci con i benefici della L. R. 8/2002 e con fondi comunali, per il terzo e il quarto stralcio con i finanziamenti previsti dalla L. R. 51/82.
I lavori edilizi sono terminati nel maggio 2014.
Il progetto generale di recupero ha verificato la fattibilità degli intenti amministrativi e la compatibilità degli spazi dell’edificio antico con le nuove funzioni che avrebbe dovuto ospitare. La fase preliminare di studio architettonico è stata affiancata dal completamento del consolidamento statico delle strutture verticali e orizzontali dell’organismo edilizio al fine renderle compatibili con le nuove funzioni pubbliche.
I solai esistenti, progettati per sovraccarichi di residenza, sono stati necessariamente rinforzati da un doppio ordito di travi in acciaio, mentre le strutture verticali esterne, liberate da rampicanti infestanti che erodevano la compattezza dei giunti di malta delle murature a/e piccoli conci d’opera incerta delle facciate secondarie, rimaste prive di intonaci,1sono state - così come le murature interne - consolidate con pacchetti di rete e betoncino e con cuciture armate.
Le caratteristiche plano-altimetriche e morfologiche dell’organismo edilizio e la sua struttura in muratura hanno posto, sin dalla progettazione preliminare, problemi di rifunzionalizzazione e di accessibilità anche ai diversamente abili, soprattutto per i tre piani di cui è formato e per i dislivelli interni ad essi, risolti attraverso il posizionamento dell’ascensore e con una cabina a porte contrapposte che serve i cinque livelli principali dell’edifìcio. Il Palazzo infatti comprende due livelli principali, con accesso da Largo IV Novembre, che presentano al loro interno lo sfalsamento di circa un metro di un ambiente per piano, e un piano seminterrato con due accessi indipendenti posti sulle facciate laterali. Il programma funzionale del progetto di riuso ha consentito una molteplicità di attività connesse alle funzioni di animazione culturale, di ricreazione e gestione del tempo libero, anche con la previsione per l’uso e la diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione multimediale.
Tale iniziativa di recupero, oggi realizzata, è destinata ad ampie fasce di popolazione e potrà ospitare gruppi ed organizzazioni associative e culturali, anche al fine di favorire i contatti e la socializzazione tra le persone. A tale riguardo sono identificati spazi dedicati alle diverse classi d’età dei potenziali fruitori del centro. Gli spazi disponibili sono quindi ripartiti tra spazi per attività giovanili, spazi per gli anziani, spazi comuni per attività formative, spazi per associazioni e gruppi organizzati. La compresenza di questo insieme di attività è resa possibile dalla conformazione articolata dell’edificio, che garantisce la separazione sufficiente alle varie attività e nel contempo la loro necessaria integrazione. Il piano seminterrato è riservato ai giovani, il livello intermedio alla quota dell’ingresso principale è destinato alle attività tipiche di questa tipologia di edifici ed è quindi fruibile da tutti. A questo piano un’ampia hall d’ingresso disimpegna una sala per riunioni e/o conferenze, e, oltrepassato il disimpegno dell ‘ascensore, due sale ospitano la videoteca e il laboratorio informatico. Da tale piano si può raggiungere con l’ascensore il piano seminterrate, peraltro dotato di due autonomi ingressi, destinato alle attività dei giovani. Questo piano è costituito da due ambienti polivalenti per l’incontro e il giuoco, ove è possibile organizzare piccole feste per ricorrenze (Capodanno, Carnevale, ecc.), e ciò anche per la presenza - alla quota più bassa direttamente accessibili dall’esterno - di un ambiente gradonato, destinato all’ascolto della musica, nonché al fare musica o a cimentarsi in piccoli spettacoli autogestiti. Questi ambienti, dotati di ingresso autonomo, presentano un piccolo dislivello interno, risolto accanto alle scale da una piattaforma elevatrice.
Tornati al piano di ingresso dianzi descritto, superato il tratto d’invito della scala ad L, attraversando il pianerottolo graziosamente voltato con cupolino ribassato, possiamo raggiungere un ampio locale articolato planimetricamente in due zone (destinato a riunioni, giuoco e conversazione degli anziani), al quale si può accedere anche da apposita fermata dell’ascensore. Proseguendo, si può raggiungere il piano superiore attraverso il lato lungo della scala a L.
La stessa conformazione planimetrica e altimetrica si ritrova al piano superiore, dove i due livelli sono serviti dall’ascensore. Questo piano ospiterà, una volta allestito, le funzioni più innovative di un centro culturale. Due sale sono destinate alla biblioteca civica, oggetto di recenti importanti donazioni (entrambe le sale sono disimpegnate da un ampio salone per esposizioni e mostre). Una saletta destinata ad associazioni culturali cittadine occupa, risalendo un leggero dislivello, l’ala destra dell’edificio, anch’essa servita dall’ultima fermata dell’ascensore.
Il progetto di recupero e tutti i lavori realizzati sono stati concepiti nell’ottica della conservazione delle peculiarità dell’edificio antico evocandone - nei materiali, nelle finiture e nei colori - le specifiche atmosfere. L’omogeneità delle pavimentazioni in cotto, i controsoffitti in travi di castagno, che evocano gli antichi solai lignei, i colori degli interni e degli esterni, gli apparecchi illuminanti, sono stati concepiti con semplicità e attenzione per rievocare una identità rinnovata del manufatto antico.
Anche l’esterno, nel semplice classico linguaggio della sua architettura, è stato recuperato con una stesura degli intonaci sulle facciate che ne erano originariamente prive perché rimaste incomplete. Tal scelta ha meglio evidenziato dialettica mente il ritmo delle bucature contrassegnate da stipiti ed architravi in pietra calcarea, opportunamente restaurati come i balconi in pietra, e i conci angolari.
Con i descritti lavori di recupero, conclusi nel maggio 2014, l’amministrazione comunale ha conseguito l’obiettivo di conservare per le generazioni che verranno un edificio di notevole valore storico, ove tutti i cittadini potranno concretizzare i loro interessi culturali di conoscenza, comunicazione ed integrazione sociale.
Crediti dell’opera
Progetto e Direzione Lavori Arch. Mario Morganti. Studio Associato di Architettura G. Cautilli - M. Morganti
Progettazione impiantistica lng. Franco Serrecchia
Consulenza generale Prof. lng. Renato Morganti
Impresa esecutrice Costruzioni Laziali SRL - Colfelice
L’ing. Claudio Riccardi (1928 - 1985), ultimo proprietario privato del Palazzo, è autore del volume "Coldragone: dietro l’angolo della storia", pubblicato dal Comune di Colfelice nel 1987 (ristampa 1997).
Le vicende narrate sono ambientate, prima e subito dopo la seconda guerra mondiale, all’ombra del Palazzo Riccardi, la costruzione ampia e massiccia sita nel cuore di Coldragone, ideale e concreto punto di riferimento della famiglia Riccardi. La penna di Claudio Riccardi indugia nella descrizione del Palazzo e del microcosmo circostante con convinta e affettuosa partecipazione, fissando uomini e immagini e ricreando un’atmosfera che, nonostante le difficoltà e i sacrifici del periodo, è sempre serena e familiare, a volte anche briosa.
Ecco alcune riflessioni dell’autore sul Palazzo.
Zia Rosina mi fece giurare che una volta entrato in possesso dell’intero “palazzo” Riccardi non avrei dovuto venderlo per nessuna ragione al mondo, perché era l’unica testimonianza storica della nostra antica famiglia. Già allora il “palazzo” era malandato, e credo che mai nessuno (della famiglia) avesse speso un soldo per la manutenzione Oggi, per riabilitarlo, si dovrebbe spendere una fortuna. E pensare che per queste antiche mura cadenti ancora combatto una a guerra sorda con Linda, la figlia di “zio Remigio”, queste guerre si trascinano appresso come reumatismi.
Tempo fa m’ero deciso a vendere al Comune di Colfelice il “palazzo Riccardi”. Si era creato un certo consenso tra alcuni paesani, attorno all’idea di trasferirci, una volta ristrutturato, la nuova sede comunale. L’attuale è precaria, per le sue modeste dimensioni, da più di quarant’anni. Ma l’ipotesi di venderlo, per la sede comunale, non fu più concretizzata, perché mi ritornò la “smania” di ripristinarlo per lasciarlo in eredità ai miei figli, che (forse) a loro volta l’avrebbero trasmesso ai miei (eventuali) nipoti.
Ero conscio della fragilità dei miei sogni, però pensare che un giorno il “palazzo” fosse stato posseduto da estranei bloccava la mia saggia idea di alienarlo.
Quando, per accompagnare mia madre, mi reco al paese e rivedo le mura fatiscenti del palazzo, i suoi pericolanti sola, il tetto sconquassato, ho rabbia di non essere riuscito a realizzare il sogno di zia Rosina (e il mio). Eppure le occasioni non mi sono mancate. Devo confessare che “il palazzo di Coldragone” è diventato il mio incubo, dal quale non riesco a liberarmi.
Nel Palazzo. Ernesto Guida e la sua biblioteca. di Mara Nimmo Guida
Ernesto Guida (1924-2013), sceneggiatore e regista, inizia da giovanissimo la sua molteplice attività nel mondo dello spettacolo: cinema, televisione, teatro. Ventiduenne, dopo la laurea in giurisprudenza, dirige, fra l’altro, anche le riviste cinematografiche "Anteprima" e "Politeama".
Si possono ricordare, tra i film: sceneggiatura e regia di "Un amico", cui vennero conferiti premi internazionali, oltre al leone d’argento a Venezia. Per la televisione: alcune regie e molte sceneggiature, tra cui va menzionata la riduzione del "Mastro Don Gesualdo" di Verga; per il teatro: memorabile fu la regia del "Nekrassov", dramma satirico di Sartre.
La solida formazione classica, la vasta cultura, la vivace curiosità e l’ampiezza degli interessi di Ernesto Guida sono oggi ben documentati dai libri da lui raccolti nel corso della vita: 6.500 volumi spaziano dalla letteratura latina e greca, italiana e straniera: narrativa, teatro, poesia, saggistica, testi di: storia, politica, filosofia, sociologia, arte antica e moderna, cinema, musica, esplorazioni, e via dicendo, cui - non ultima - si aggiunge un’emeroteca che annovera circa 2.000 numeri quotidiani e periodici.
È del 1992 la decisione di trasferirsi a Colfelice, un paese tranquillo, ordinato, gradevole, immerso nel verde. Scelse, Ernesto, di "gettare qui l’àncora" e un’àncora pose sul cancello a significarlo.
Il piccolo edificio destinato a divenire il suo studio venne adattato a ricevere le grandi librerie e la foto vediamo Ernesto mentre, nel lontano ‘93, apre il primo degli scatoloni contenenti i libri da sistemare.
Il desiderio di conoscere meglio le bellezze della Ciociaria lo portò ad esplorare sistematicamente la zona, e in un suo scritto parla di "questi paesi che vado visitando queste vestigia, le pitture medievali, gli scavi, gli eremi .. le chiese rupestri perse tra i monti .. il verde delle colline"; così come il desiderio di approfondirne la storia lo spinse a partecipare alle numerose iniziative culturali, arrivando anche a stringere autentiche e durature amicizie.
In questi 22 anni ho visto come Ernesto fosse convinto della bontà della scelta fatta, e quando un giorno ci chiedemmo: quale la destinazione futura dei nostri libri? Per i suoi fu subito certezza: desidero rimangano a Colfelice, potranno costituire un prezioso, sostanzioso punto di riferimento, soprattutto per i giovani. Lo spingevano a farlo la simpatia e l’affetto da lui nutriti per la gente di qui, di questo luogo da lui adottato senza riserve.
Non mi è stato difficile allora disporne la donazione e mi è sembrato giusto donare anche le grandi librerie antiche dalle quali Ernesto non ha voluto separarsi, tanto che giocarono un ruolo principe nella scelta a nostra casa.